Un indovino mi disse
di Tiziano Terzani
Ammetto che questa è la mia prima reensione, ma è proprio questo libro che mi ha spinta a cominciare!
Inizio col dire che questo è il secondo libro che leggo di Terzani e ne sono sempre più innamorata.
Ha un modo di scrivere veramente scorrevole che rende piacevole la lettura e che, pur essendo lui un giornalista, non da quella sensazione distaccata come ci si potrebbe aspettare, ma ti immerge completamente e ti dà quella sensazione di calore che solo chi ha vissuto col cuore quelle situazioni ti può dare.
Ora passiamo al libro! Tiziano racconta di un vecchio indovino cinese che nella primavera del '76 gli disse: "Attento! Nel 1993 corri un gran rischio di morire. In quell'anno non volare. Non volare mai.".
Così Tiziano che negli anni non dimenticò quella profezia, all'alba del '93 si trovò davanti ad una grande decisione: ignorare la profezia o dare importanza a quelle parole e riconsiderare il suo modo di viaggiare????
Decise di dare ascolto a quel vecchio indovino e decise di non prendere aerei per un anno, e iniziò così a riscoprire il piacere di viaggiare, di scoprire posti nuovi, città, persone. Ebbe quindi l'occasione di rivedere il mondo con una nuova prospettiva, senza smettere di fare il lavoro che amava.
Rivide soprattutto città che con il passare degli anni, e delle guerre, si erano trasformate completamente, copia di un modello occidentale che non sempre è stata una cosa positiva per loro.
Tiziano riflette su tutto questo e, viaggiando da una città all'altra, conoscendo e collezionando storie e amicizie, continua a consultare indovini e a registrare le loro profezie.
E ora qualche estratto dal suo libro, perchè per me il modo migliore di capire se un libro può piacere o meno è leggerne almeno un pezzettino! :)
"A nascere all'inizio del secolo, in una famiglia di contadini poveri, a Cernusco o altrove in Italia, uno non poteva sognarsi la luna, le sue scelte erano estremamente limitate, e con ciò aveva un "destino". Oggi le alternative di ciascuno sono molte di più, la mobilità sociale ha aperto a tutti la possibilità di aspirare a qualsiasi cosa, ma con ciò nessuno è più "predestinato" a nulla. E' forse per questo che la gente è sempre più disorientata e incerta sul senso della propria vita.
A cernusco, oggi, i bambini non muoiono più come le mosche, e nessuno alla domanda: "E tu, che cosa vuoi fare da grande?" risponderebbe:"Il missionario in Birmania". Ma la loro vita ha oggi più senso di quella dei bambini che un tempo potevano rispondere così? Le suore di Kengtung non avevano alcun dubbio sul senso della loro.
E il senso della mia? Me lo chiedo, come tutti, spesso. Certo che uno non nasce per "fare il giornalista". Quando, da piccolo, i parenti mi bombardavano con quella solita, stupida domanda che pare debba essere inflitta a tutti i bambini di tutti i paesi e forse di tutti i tempi, io li facevo regolarmente arrabbiare perchè rispondevo cambiando di volta in volta mestiere e alla fine inventandomene di quelli che non esistevano. E' un'aspirazione che continuo ad avere."
"Non al cento per cento, altrimenti non avremmo più alcuna responsabiltà delle nostre azioni", disse. Poi aggiunse: "Le carte leggono le ombre delle cose, degli avvenimenti... Quel che io posso fare è aiutare la gente a cambiare la posizione della luce e così, con una libera scelta, a cambiare le ombre. In questo credo davvero: si possono cambiare le ombre".
E per finire...
"Andando a vivere in India, cercherò quel tempio. Dopo tutto, uno è sempre curioso di conoscere il proprio destino."
PS Mi scuso se non mi son soffermata molto sulla storia in sè, ma non volevo anticipare nulla!